"L’esorcista" è un moderno dramma
borghese che ha per protagonista il diavolo. Oggi, quei film
in cui il cattivo massacra i propri famigliari e ne butta in
un dirupo i pezzi avvolti in sacchi neri della pattumiera, sono
film molto credibili dal momento che la cronaca ce ne fornisce,
soprattutto d’estate, qualche esempio.
Oppure scoppia come una bomba la notizia della scoperta di sette
segrete con ragazzi e ragazze che adorano Satana, interviene
la polizia, le madri piangono, lo vediamo, ci crediamo. Mentre
la notizia clamorosa che in una chiesetta di qualche paese del
meridione, la statua raffigurante la Madonna sta perdendo sangue
o lacrima, stenta ad essere credibile: gli stessi preti sono
scettici, non si pronunciano, tergiversano, alle volte si dimettono.
Questo per dire che sembra più facile ammettere l’esistenza
del diavolo che quella di Dio, se non altro perché il diavolo
lo vediamo spesso, tutti i giorni. Il male sappiamo cos’è. Se
non ci fossero i diavoli a compiere la loro opera sulla terra,
immaginate che il mondo sarebbe come è adesso o come è sempre
stato?
Nel 1974 una bambina di quattordici anni, a Boston, comincia
a manifestare un drastico cambiamento di carattere e segni sempre
più evidenti in viso e lungo tutto il corpo come grosse cicatrici
e ferite. E’ malata? Soffre di un grave disturbo della personalità?
Eppure gli esami neurologici risultano tutti negativi. Cosa
le sta succedendo? E la madre, impotente, cosa può fare per
guarirla? Ecco, in sostanza, l’antefatto di questo spettacolo,
liberamente tratto dal romanzo dell’americano William Peter
Blatty che è stato anche sceneggiatore dell’omonimo e celeberrimo
film. Certo il paragone con il film è inevitabile: così come
chi pensa ad Amleto se lo immagina con il teschio in mano, allo
stesso modo chi vorrà venire a teatro per vedere "L’esorcista",
avrà in testa le immagini più forti della pellicola.
Tuttavia lo spettacolo mette in scena un adattamento del romanzo
e non del film e gli effetti visivi, i trucchi, la narrazione
di un film niente hanno a che vedere con una rappresentazione
a teatro. Grave errore sarebbe cercare di citare il film. Lo
spettacolo si avvale di effetti sonori e visivi che sono stati
pensati, creati e curati sempre e comunque all’interno di un
linguaggio teatrale. Che cos’è allora lo spettacolo? E’ il risultato
di un laboratorio teatrale di ricerca durato due mesi, da cui
è stato selezionato il cast. Il lavoro degli attori è partito
dal costume e dal trucco, per poi proseguire in improvvisazioni
al fine di cercare la credibilità delle battute.
Abbiamo usato il metodo delle azioni psico-fisiche elaborato
da Stanislavskij, ma senza cadere nella trappola del naturalismo,
che sul palcoscenico non deve esistere, in quanto non produce
l’energia che a teatro è necessaria. Sono due tempi di quarantacinque
minuti l’uno e in tutto sei scene: la mamma e la bambina, le
profanazioni, dal neurologo, la morte di Danny, il diavolo,
l’esorcismo. La domanda che, nel nostro intento, vuole guidare
l’attenzione dello spettatore lungo tutto lo spettacolo è questa:
se il diavolo esiste, può comparire a teatro? Avvertiamo che
la rappresentazione non è consigliata ai minori di 14 anni.
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