Debuttare con “Il processo”?
Un atto d’amore per la libertà.
Cosa succede nella vita di un uomo quando d’un tratto
viene accusato di un crimine che non ha commesso? Cosa succede
quando la calunnia si trasforma in un turbine inesorabile di
menzogne, di infamie e maldicenze? Cosa succede quando viene
trascinata nel nero abisso della vergogna tutta la tua vita?
Cosa succede quando la tua famiglia, la tua posizione sociale,
il tuo lavoro e tutto quello che negli anni hai faticosamente
costruito, viene coinvolto e trasformato in delirio distruttivo?
Cosa succede quando scopri che “lì dove prima non
c’era niente, il tribunale tira fuori una grossa colpa”?
E’ come se qualcuno si prendesse un giorno la tua vita
che si trasforma rapidamente in un incubo dal quale non puoi
più svegliarti. Perché il sospetto è più
forte di ogni verità.
Da questa dichiarazione d’intenti prende le mosse il mio
allestimento: la regia di una commediografa (premio Fersen 2007),
attrice, scrittrice, pittrice. Drammaturgico è il progetto,
affidata agli attori la centralità della rappresentazione,
narrativa la discendenza intellettuale, fortemente visivo l’impatto
narrativo.
Kafka enfatizza gli aspetti grotteschi della giustizia in una
narrazione costruita per divertire gli amici nelle birrerie
praghesi di Mala Strana, che, ascoltandolo leggere, morivano,
letteralmente, dal ridere. Salvato da uno di questi, Max Brod,
dalla distruzione richiesta dall’Autore in punto di morte,
il romanzo è diventato sinonimo di situazioni tipiche
dell’assurdo: ma è molto di più. Perciò,
K., nella mia messa in scena, si trova alle prese con la sarabanda
circense che fa della presunzione di colpevolezza una gag e
della morte una comica finale. Giudici arroganti e deliranti,
funzionari corrotti e corruttibili, cancellieri negligenti ed
indolenti sono coreuti della tragedia di un uomo ridicolo che
si autoaccusa e autocondanna, prigioniero di un’etica
che neppure conosce, schiavo di un super io che neanche interpella.
E, tuttavia, nella loro identità di riferimento, giudici
, avvocati e gendarmi non sono tanto diversi dalla pletora di
funzionari, kafkianamente persi nei corridoi dei passi perduti
di ogni tribunale dove l’amministrazione della giustizia
è un inferno di buone intenzioni e un ipermercato del
compromesso.
Nota sull’autore: Franz Kafka
Kafka nel 1906
Franz Kafka (Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno
1924) è stato uno scrittore austriaco di lingua tedesca,
considerato uno dei maggiori del XX secolo. Fu cittadino dell'Impero
Austro-Ungarico fino al 1918 e, successivamente, cecoslovacco.
Kafka nacque il 3 luglio 1883 in una famiglia ebrea della media
borghesia di Praga, capitale della Boemia. Come era comune per
la borghesia praghese di allora, la famiglia era di madrelingua
tedesca. Suo padre, Hermann Kafka, era un negoziante, aveva
un emporio Galanteriewaren a Praga. Sua madre, Julie Löwy,
era anche lei di origine ebraica. Hermann Kafka, era il quarto
figlio di Jacob Kafka, un macellaio e si trasferì a Praga
da Osek, un villaggio ebraico in cui si parlava la lingua ceca,
situato vicino a Písek, nella Boemia meridionale. Cominciò
a lavorare come rappresentante e quindi aprì un negozio,
sulla cui insegna era raffigurata una cornacchia (in ceco kavka).
La madre Julie, era la figlia di Jakob Löwy, un ricco birraio
di Podebrady. Era di miglior livello culturale rispetto al marito.
Julie lavorava in negozio anche dodici ore al giorno e aveva
anche poteri decisionali.
Oltre ai fratelli Georg e Heinrich, che morirono a sei e quindici
mesi, rispettivamente, Franz aveva tre sorelle minori: Elli,
Valli e Ottla, morte nei campi di concentramento nazisti. Franz
Kafka faceva parte di quel 10 per cento degli abitanti di Praga
di lingua madre tedesca. Inoltre parlava bene anche il ceco,
come del resto i suoi genitori. Dal 1889 al 1893, Kafka frequentò
la Deutsche Knabenschule in Fleischmarkt a Praga, quindi andò
al liceo, lo Staatsgymnasium, dove si diplomò nel 1901.
Da giovane si interessò ai problemi culturali della sua
epoca; si avvicinò al socialismo e al darwinismo. Frequentò
prima la facoltà di germanistica e poi di giurisprudenza
alla Karlsuniversität di Praga, dove si laureò nel
1906. Cominciò quindi a lavorare come impiegato a Praga
delle Assicurazioni Generali di Trieste. Iniziò a scrivere
solo nel tempo libero, poiché il padre gli rimproverava
la sua passione (la relazione di Kafka con il padre autoritario
è un tema importante nelle sue opere). Nel 1917 si ammalò
di tubercolosi, che gli causò frequenti convalescenze.
Nel 1923 si trasferì temporaneamente a Berlino, nella
speranza di allontanarsi dall'influenza della famiglia e potersi
dedicare allo scrivere. La sua tubercolosi peggiorò;
ritornò a Praga, poi andò a curarsi nel sanatorio
di Kierling presso Vienna dove morì il 3 giugno 1924.
Il suo corpo fu riportato a Praga dove fu cremato l'11 giugno
1924 nel nuovo cimitero ebraico di Praga-Žižkov. Kafka
pubblicò solo qualche racconto durante la sua vita, poca
parte del suo lavoro e quindi del suo stile attirò l'attenzione
fino a dopo la sua morte. Prima di morire, diede istruzioni
al suo amico ed esecutore testamentario Max Brod di distruggere
tutti i suoi manoscritti e di assicurarsi che non avrebbero
mai visto la luce del sole. Ciononostante, Brod non seguì
le istruzioni di Kafka e sovrintendette alla pubblicazione della
maggior parte dei suoi lavori, che presto attrassero l'attenzione
della critica.
Le donne della sua vita furono poche: una commessa con la quale,
a vent'anni, ebbe la sua prima esperienza; Felice Bauer, con
cui ebbe un breve fidanzamento; Grete Bloch, con la quale ebbe
una piccola storia nel 1913, Milena Jesenská, intorno
al 1920 e negli ultimi anni della sua vita Dora Diamant, che
lo assisté anche sul letto di morte.[1] Franz Kafka è
sepolto nel cimitero ebraico di Žižkov, quartiere
popolare di Praga, insieme al padre Hermann e alla madre Julie.
Una lapide commemora le tre sorelle dello scrittore, morte nei
lager nazisti fra il 1942 e il 1943. Valli ed Elli morirono
nel lager di Lozd. Ottla, la sorella minore, si salvò
in un primo momento, perché sposata con un ariano, ma
in seguito al divorzio fu internata nel campo di Terezìn.
Qui si offrì come volontaria per accompagnare un gruppo
di bambini destinati ad Auschwitz, da dove non fece più
ritorno.
Copertina della prima edizione de "Le Metamorfosi"
Le opere mostrano una particolare capacità di immaginare
situazioni inusuali nel vissuto quotidiano, assumendo a volte
aspetti onirici (spesso incubi, più che sogni). Il protagonista
è in qualche modo identificabile con l'autore, anche
dal nome (esempi tipici sono Gregor Samsa, protagonista della
"Metamorfosi", il cui cognome è evidente calco
del cognome dell'autore; ovvero Josef K., protagonista del "Processo",
e il K. de Il Castello). Lo stile di Kafka è notevole
per la sua capacità di esprimere i temi dell'alienazione
interiore ed esteriore dell'io, mostrando come nella vita ordinaria
di uomini qualunque possa manifestarsi, all'improvviso, l'irreparabile
perdita di contatto con la realtà ovvero l'emarginazione
e il naufragio. Le sue opere più famose includono i racconti
La Metamorfosi, Un digiunatore e i romanzi Il Processo, America,
e Il Castello. È di sicuro interesse, per comprendere
la psicologia kafkiana, il ricco corpus dei "Diari",
nonché l'epistolario, composto in particolare dalle lettere
alle donne con cui ebbe delle relazioni, in particolare la scrittrice
Milena, e soprattutto dalla notissima Lettera al padre, che
costituisce un vero e proprio testo autobiografico a sè
stante.
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