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Note di regia

Il processo
di Franz Kafka
 
REGIA E ADATTAMENTO DI ANNA BATTAGLIA
SCENOGRAFIA DI KATIA GIAMMARINO
EFFETTI SONORI ANDREA ARRIGONI

con: in ordine di apparizione
GIANLUCA FRIGERIO – GIUSEPPE MAROTTA - CIRO CIPRIANO RAFFAELE PATO DIGIOIA - FABRIZIO SPICA
 
Debuttare con “Il processo”? Un atto d’amore per la libertà.

Cosa succede nella vita di un uomo quando d’un tratto viene accusato di un crimine che non ha commesso? Cosa succede quando la calunnia si trasforma in un turbine inesorabile di menzogne, di infamie e maldicenze? Cosa succede quando viene trascinata nel nero abisso della vergogna tutta la tua vita? Cosa succede quando la tua famiglia, la tua posizione sociale, il tuo lavoro e tutto quello che negli anni hai faticosamente costruito, viene coinvolto e trasformato in delirio distruttivo? Cosa succede quando scopri che “lì dove prima non c’era niente, il tribunale tira fuori una grossa colpa”? E’ come se qualcuno si prendesse un giorno la tua vita che si trasforma rapidamente in un incubo dal quale non puoi più svegliarti. Perché il sospetto è più forte di ogni verità.

Da questa dichiarazione d’intenti prende le mosse il mio allestimento: la regia di una commediografa (premio Fersen 2007), attrice, scrittrice, pittrice. Drammaturgico è il progetto, affidata agli attori la centralità della rappresentazione, narrativa la discendenza intellettuale, fortemente visivo l’impatto narrativo.

Kafka enfatizza gli aspetti grotteschi della giustizia in una narrazione costruita per divertire gli amici nelle birrerie praghesi di Mala Strana, che, ascoltandolo leggere, morivano, letteralmente, dal ridere. Salvato da uno di questi, Max Brod, dalla distruzione richiesta dall’Autore in punto di morte, il romanzo è diventato sinonimo di situazioni tipiche dell’assurdo: ma è molto di più. Perciò, K., nella mia messa in scena, si trova alle prese con la sarabanda circense che fa della presunzione di colpevolezza una gag e della morte una comica finale. Giudici arroganti e deliranti, funzionari corrotti e corruttibili, cancellieri negligenti ed indolenti sono coreuti della tragedia di un uomo ridicolo che si autoaccusa e autocondanna, prigioniero di un’etica che neppure conosce, schiavo di un super io che neanche interpella. E, tuttavia, nella loro identità di riferimento, giudici , avvocati e gendarmi non sono tanto diversi dalla pletora di funzionari, kafkianamente persi nei corridoi dei passi perduti di ogni tribunale dove l’amministrazione della giustizia è un inferno di buone intenzioni e un ipermercato del compromesso.


Nota sull’autore: Franz Kafka

Kafka nel 1906

Franz Kafka (Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno 1924) è stato uno scrittore austriaco di lingua tedesca, considerato uno dei maggiori del XX secolo. Fu cittadino dell'Impero Austro-Ungarico fino al 1918 e, successivamente, cecoslovacco. Kafka nacque il 3 luglio 1883 in una famiglia ebrea della media borghesia di Praga, capitale della Boemia. Come era comune per la borghesia praghese di allora, la famiglia era di madrelingua tedesca. Suo padre, Hermann Kafka, era un negoziante, aveva un emporio Galanteriewaren a Praga. Sua madre, Julie Löwy, era anche lei di origine ebraica. Hermann Kafka, era il quarto figlio di Jacob Kafka, un macellaio e si trasferì a Praga da Osek, un villaggio ebraico in cui si parlava la lingua ceca, situato vicino a Písek, nella Boemia meridionale. Cominciò a lavorare come rappresentante e quindi aprì un negozio, sulla cui insegna era raffigurata una cornacchia (in ceco kavka). La madre Julie, era la figlia di Jakob Löwy, un ricco birraio di Podebrady. Era di miglior livello culturale rispetto al marito. Julie lavorava in negozio anche dodici ore al giorno e aveva anche poteri decisionali.

Oltre ai fratelli Georg e Heinrich, che morirono a sei e quindici mesi, rispettivamente, Franz aveva tre sorelle minori: Elli, Valli e Ottla, morte nei campi di concentramento nazisti. Franz Kafka faceva parte di quel 10 per cento degli abitanti di Praga di lingua madre tedesca. Inoltre parlava bene anche il ceco, come del resto i suoi genitori. Dal 1889 al 1893, Kafka frequentò la Deutsche Knabenschule in Fleischmarkt a Praga, quindi andò al liceo, lo Staatsgymnasium, dove si diplomò nel 1901.

Da giovane si interessò ai problemi culturali della sua epoca; si avvicinò al socialismo e al darwinismo. Frequentò prima la facoltà di germanistica e poi di giurisprudenza alla Karlsuniversität di Praga, dove si laureò nel 1906. Cominciò quindi a lavorare come impiegato a Praga delle Assicurazioni Generali di Trieste. Iniziò a scrivere solo nel tempo libero, poiché il padre gli rimproverava la sua passione (la relazione di Kafka con il padre autoritario è un tema importante nelle sue opere). Nel 1917 si ammalò di tubercolosi, che gli causò frequenti convalescenze.

Nel 1923 si trasferì temporaneamente a Berlino, nella speranza di allontanarsi dall'influenza della famiglia e potersi dedicare allo scrivere. La sua tubercolosi peggiorò; ritornò a Praga, poi andò a curarsi nel sanatorio di Kierling presso Vienna dove morì il 3 giugno 1924. Il suo corpo fu riportato a Praga dove fu cremato l'11 giugno 1924 nel nuovo cimitero ebraico di Praga-Žižkov. Kafka pubblicò solo qualche racconto durante la sua vita, poca parte del suo lavoro e quindi del suo stile attirò l'attenzione fino a dopo la sua morte. Prima di morire, diede istruzioni al suo amico ed esecutore testamentario Max Brod di distruggere tutti i suoi manoscritti e di assicurarsi che non avrebbero mai visto la luce del sole. Ciononostante, Brod non seguì le istruzioni di Kafka e sovrintendette alla pubblicazione della maggior parte dei suoi lavori, che presto attrassero l'attenzione della critica.

Le donne della sua vita furono poche: una commessa con la quale, a vent'anni, ebbe la sua prima esperienza; Felice Bauer, con cui ebbe un breve fidanzamento; Grete Bloch, con la quale ebbe una piccola storia nel 1913, Milena Jesenská, intorno al 1920 e negli ultimi anni della sua vita Dora Diamant, che lo assisté anche sul letto di morte.[1] Franz Kafka è sepolto nel cimitero ebraico di Žižkov, quartiere popolare di Praga, insieme al padre Hermann e alla madre Julie. Una lapide commemora le tre sorelle dello scrittore, morte nei lager nazisti fra il 1942 e il 1943. Valli ed Elli morirono nel lager di Lozd. Ottla, la sorella minore, si salvò in un primo momento, perché sposata con un ariano, ma in seguito al divorzio fu internata nel campo di Terezìn. Qui si offrì come volontaria per accompagnare un gruppo di bambini destinati ad Auschwitz, da dove non fece più ritorno.

Copertina della prima edizione de "Le Metamorfosi"
Le opere mostrano una particolare capacità di immaginare situazioni inusuali nel vissuto quotidiano, assumendo a volte aspetti onirici (spesso incubi, più che sogni). Il protagonista è in qualche modo identificabile con l'autore, anche dal nome (esempi tipici sono Gregor Samsa, protagonista della "Metamorfosi", il cui cognome è evidente calco del cognome dell'autore; ovvero Josef K., protagonista del "Processo", e il K. de Il Castello). Lo stile di Kafka è notevole per la sua capacità di esprimere i temi dell'alienazione interiore ed esteriore dell'io, mostrando come nella vita ordinaria di uomini qualunque possa manifestarsi, all'improvviso, l'irreparabile perdita di contatto con la realtà ovvero l'emarginazione e il naufragio. Le sue opere più famose includono i racconti La Metamorfosi, Un digiunatore e i romanzi Il Processo, America, e Il Castello. È di sicuro interesse, per comprendere la psicologia kafkiana, il ricco corpus dei "Diari", nonché l'epistolario, composto in particolare dalle lettere alle donne con cui ebbe delle relazioni, in particolare la scrittrice Milena, e soprattutto dalla notissima Lettera al padre, che costituisce un vero e proprio testo autobiografico a sè stante.