Dal 1950, allorché “La cantatrice
calva” apparve sulle scene parigine del Théatre
des Noctambules, molte cose sono cambiate. Dallo stupore scandalizzato
della “prima” si è passati, ormai da molti
anni, alla consacrazione ufficiale di tutta la critica, che
riconosce a questa prima opera di Ionesco un posto preminente
nella storia del teatro. Essa infatti segna una svolta decisiva
nell’evoluzione delle forme drammatiche.
L’aspetto che immediatamente colpisce, ancora oggi, nell’opera
dell’autore romeno trapiantato in Francia, è quello
linguistico. Raramente capita di imbattersi in autori che usino
le parole con tanta libertà e spregiudicatezza: Ionesco
le deforma, le mutila, le concerta nei più bizzarri e
gratuiti giochi di rime, giungendo a farne strumenti per effetti
esclusivamente sonori.
Tra gli autori della cosiddetta avanguardia, Ionesco è
quello più istintivamente dotato di senso comico e di
gusto per il paradossale. Si tratta di una comicità funzionale,
legata ai personaggi posti in scena ed al processo che l’autore
fa loro subire. Personaggi opachi e meschini, intrisi di tutte
le risciacquature della società, doppi, ipocriti, impegnati
ad ingannare se stessi recitando la commedia della grandezza
- o meglio, staremmo per dire, della verità.
Questa ”anti-commedia” fa intuire in quale direzione
si svolgerà l’opera successiva dello scrittore.
Il teatro di Ionesco abbonda di vaniloquio, di luoghi comuni,
di banalità, di personaggi sussiegosi dominati da una
sorta di automatismo psichico che li porterà fino al
delirio.
I fantocci della “Cantatrice calva” sono le conchiglie
vuote che le onde trascinano – schemi ormai senza contenuto
di una società che continua a portarsi dietro un grottesco
rispetto del rituale: non per niente l’azione si svolge
in un salotto borghese.
“La cantatrice calva” viene presentata ogni sera
ininterrottamente da oltre 50 anni al Théatre de la Huchette
di Parigi.
NOTA DI REGIA
“Nella mia lunga carriera d’attore ho frequentato
assiduamente il teatro dell’assurdo, sviluppando un gusto
spiccato per tutti i suoi risvolti Il mio approccio registico
a “ La cantatrice calva” sottolinea ed esaspera
la comicità dell’opera. Presento i personaggi come
manichini prossimi a disgregarsi insieme ai loro rituali: incapaci
di vero ascolto, si ritrovano in un salotto a consumare il proprio
tempo in conversazioni debordanti di luoghi comuni e in convenzioni
radicate ed immutabili, in attesa che qualcosa di nuovo venga
a portare un’emozione qualsiasi nelle loro vite. Vite
che si consumano nell’assenza di un vero rapporto con
i propri simili, sino alla frantumazione del linguaggio, che
li proietta in un vortice di suoni inarticolati che sfocerà
nel delirio.”
Sergio Masieri |