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Note di regia

RACCONTI PER UNA SERA A TEATRO e LA SPIA CHE SVENNE DAL FREDDO
Lo spettacolo si divide in due tempi tra loro nettamente distinti sia nel genere proposto che nel tipo di ascolto richiesto.
Il primo riguarda l’orrore, il secondo il comico.

Nel primo tempo, lo spettatore potrà assistere a due racconti di Edgar Allan Poe dal titolo “Spettri” e “Cuore rivelatore” cui seguirà un racconto di Luigi Pirandello “Nel gorgo”.
L’orrore visionario di Poe e l’orrore umano di Pirandello.
L’orrore come analisi finale dell’irriducibilità umana, come glaciale presa di coscienza, visione intuitiva di un emozione, clinica frammentazione di un pensiero, l’orrore come ultima stazione di un viaggio impossibile che diventa reale.
Questa prima parte è quindi costituita da tre racconti che dalla pagina letteraria narrativa sono stati adattati al meccanismo del palcoscenico secondo un difficile processo di sintesi e simbiosi che ha cercato di tradurre e non tradire l’effetto, l’emozione e il gusto che si prova di fronte alla pagina letta. Come sappiamo, la lettura è un processo immaginativo, il racconto lo vede il lettore nella sua mente, ma anche il teatro è un luogo che vive d’immaginazione dove interessante diventa la trasfusione della forza letteraria della parola in energia vocale e corporea propria della rappresentazione teatrale, fatta di luci, ombre, suggestioni sonore.
Questa prima parte, della durata di 45 minuti, si intitola: Racconti per una sera a teatro. Non diciamo nulla sulla trama di questi racconti, per non guastare la sorpresa.

La seconda è invece tutta e solo comica: “La spia che svenne dal freddo” di un autore tedesco, sconosciuto, Otto Zur Linde; di cui il teatro Caboto ha già messo in scena la scorsa stagione “Galeotto fu il lettino”. Si può, senza paura di smentita, sostenere che tutto il teatro comico si basi sull’equivoco, “il mitico equivoco” consacrato, affinato, codificato da George Feydeau, dal quale e fino ad oggi, sono originate risate belle, grasse, piacevoli, liberatorie e soprattutto “attive” perché frutto di un meccanismo proprio della rappresentazione teatrale che, a differenza del cabaret, invita lo spettatore a seguire, capire, riconoscere e quindi a ridere, quasi sorprendentemente e decisamente con piacere. La commedia dura un’ora.